Che fo il pittore è 11 anni… ci vole i colori, eh!

Un percorso in compagnia dei personaggi che popolano l’universo del pittore Paolo Tellini, guidato dai colori luminosi dei suoi quadri. La pittura è per Tellini un’arma di riscatto, la conquista di una dimensione che lo eleva e lo rende cittadino a pieno titolo della città di Fiesole, patria di artisti. Le sue fonti d’ispirazione spaziano dal mondo antico a quello moderno e contemporaneo, con Modigliani e Picasso, ma sono anche legate agli incontri per le strade di Fiesole con artisti che qui hanno vissuto e vivono, come Primo Conti e Xavier Bueno.

Nel racconto di Paolo Tellini, numerosi fili collegano la casa, il quotidiano, le opere:  quadri e colori hanno invaso ogni angolo degli spazi domestici, affollando come presenze ingombranti e importanti il suo vissuto. La pittura viene a riscattare solitudine e povertà, ma nasce anche in un ambiente umano ricco d’incontri con artisti ed amici estimatori d’arte, a pochi metri dall’antico teatro romano e dalle mura etrusche cui è addossata la piccola casa “protetta dalle Belle Arti”. Il racconto è immersione in un universo popolato da opere d’arte, sogni di antichità e incontri con artisti del passato e del presente. Gli antenati scalpellini, gli amici pittori, gli americani di passaggio che si comprano i quadri si affacciano nel quotidiano di un calzolaio pittore la cui vita, di confine, è crocicchio di relazioni umane.

Quadri, colori e parole di Paolo Tellini

Abbreviazioni: V. Valentina L. Zingari; T. Paolo Tellini

Io son nato il 25 settembre nel 1939… questa è scultura, l’ho fatta io… 

T. Io son nato il 25 settembre nel 1939, ho 72 anni, son sempre stato in questa casa, dall’epoca della mi’ mamma, dei miei nonni, dei miei zii… l’ha un secolo questa casa… l’è del comune… l’hanno rifatta però… ora morta la mi’ mamma son rimasto io, sono aiutato dalle USL, poi mi sono messo a fare pitture, sculture… tutte queste cose qui…
V. Son cose belle… ma come mestiere, cosa ha fatto?
T. Prima ho fatto il calzolaio, poi le pitture, e poi mi son messo a fare queste qui… la pietra… per vedere se ero capace, perché il mi’ zio era nelle cave, cosava la pietra l’era scalpellino… si chiamava Mario mi pare, però io non l’avevo mai fatto… […] sì, sono andato dal Papini e poi l’ho fatto a modo mio… non è che mi abbia insegnato lui…
T. Questa è scultura, fatta io… e lui (si riferisce allo scultore Enrico Papini, al momento dell’intervista ultimo scalpellino in attività a Montececeri) mi ha dato la pietra, sì…l’è un guerriero antico…
V. Sembra un po’… Modigliani.
T. No, non è Modigliani questo, è un guerriero antico… e questo l’è della Grecia…

Che fo il pittore, l’è 11 anni, ne ho fatte tante, le vendo io… le vendo alle genti!

T. Non cammino più come una volta… andavo sempre per Fiesole… Il mi’ zio l’era nelle cave, faceva la pietra perché il babbo di lui era il capo della pietra, degli operai lì, faceva lo scalpellino, ma io non ho imparato da lui, o dal Papini, l’ho fatto da me… poi mi sono messo alla pittura, tutte queste pitture… guardi…
V. Ma perché qui a Fiesole ha avuto modo di incontrar degli artisti, dei pittori?
T. Sì. Conosce Bueno? Anche lui, l’è uno che mi sta dietro… un pochino…
V. Questa è una sua opera?
T. Una donna, l’ho fatta io, sì… ne ho fatte tante, eh…
V. Belli… Ma quando ha iniziato a dipingere?
T. Che fo il pittore, l’è 11 anni, ne ho fatte tante, le vendo io… le vendo alle genti, se no che sto a fare? Le genti di Fiesole… mi dicono, “mi dà un quadro?”
V. Queste le ha tutte vendute?
T. Sì. Io… andetti da una pittrice, mi insegnò la base, e poi mi son messo da me… lei mi disse, vai a fare una mostra, mi mandò via, ero bravo, facevo come volevo… insomma… mi son messo da me!
V. Come è nata l’idea di dipingere?
T. Così…

Mi mostra, dietro la porta, una serie di quadri e pitture ad olio. Mi mostra il suo tavolo di lavoro. Mi fa vedere tutti i quadri venduti negli ultimi giorni.

Ci vole i colori, eh!

T. Questo l’ho cominciato ma non finito, c’è da fare gli occhi, per bene…
V. Sono molto belli i colori che lei usa… sono…
T. Tutto olio, tutta roba ad olio, e mi metto sul tavolo qui… diversi li ho venduti questi quadri, questa (donna) l’ho venduta questi giorni… questi l’ho venduti…
T. Ci vole i colori, eh!… questo l’ho venduto! Le ho date a quelli che mi conoscano. Questo è venduto… questo l’ho venduto, questo e questo… questo l’è Picasso… questo una donna…
T. Questo l’è Gesù, con la Madonna e una sua amica, vede… vede una casa… una donna, con la Madonna e Gesù, piccolino… codesto l’ho venduto, la maggior parte li ho venduti tutti.
T. Bueno lo vedo sempre, sta quassù, lo vedo sempre, non lo conosce? Mi disse, “un t’arrendere, vai avanti!” […] T. Questo l’è un Modigliani, e questo è un altro… ho visto i suoi quadri… questo è un leone… quello è un Modigliani anche quello… questo qui l’ho fatto ma non l’ho rifinito, un avevo più tinta, se non le compro…

Ora se un piove il 9 e vo’ in piazza, mettono tutti i banchi… si guadagna qualcosa, ci son bell’e stato…

Mi mostra un pezzo di legno di ulivo lavorato. Scarta i ferri per lavorare il legno. Si sentono i fruscii della carta e dei ferri.

T. Questo l’è un pezzo di legno di ulivo, l’ho fatto lucidare… vede, qui c’è tutti i ferri per lavorare il legno, per fare, per queste cose qui, incidere… ho fatto io anche questo… si, ora se un piove il 9 e vo’ in piazza, mettono tutti i banchi… si guadagna qualcosa, ci son bell’e stato…
V. C’è qualcuno che compre regolarmente?
T. Son gente di fori, gente di qui… le garbano, anche a poco prezzo le pigliano…
T. Non è che… guardi, a maggio di questo qui… fu il Becattini a dirmi, “vieni in piazza il monumento, dove c’è le colonne, metti tutti i quadri lì, così se tu vendi…”

Paesaggi non li fo… questa è una cascata di celeste…

T. Paesaggi non li fo, non garbano, comprano più volentieri queste cose qui, un vanno i paesaggi, che li fo a fare… sarebbero naif, ecco… le genti le comprano, garbano… sono quadri dall’800 al 900. Queste sono cascate di fiori. Questa è una cascata di celeste, perché ho preso il bianco, poi la spugna col celeste, una cascata di celeste…
T. Io son stato anche a Palazzo Vecchio… però vede, io faccio un quadro, lo porta laggiù, ma loro si fanno pagare per il “premio Firenze”, io un ci so’ più tornato… vede, questo è il mio…l’ho fatto io, questo vedi ”giacca blu” si chiama. Vede, mi chiamano tutti gli anni, ma io un ci vo, per andare lì in salone dei 500 pigliano più di 100 euro… io un ci son più tornato. Io ho fatto questo… si chiama “giacca blu”. Un ci vo’ perché e costa caro, per andare al salone dei 500, più di 100 euro… io un ci vo, si deve pagare…
V. E con Bueno, c’è amicizia?
T. Sì, ci si trova per la strada, ci si saluta, a volte guarda un quadro, me lo chiede…

Poi ho conosciuto il Conti, Primo Conti…

T. Poi ho conosciuto il Conti, Primo Conti, ora è morto, conoscevo la su’ moglie, conoscevo il Conti, anche lui la su’ moglie la passava, faceva la mi’ mamma segno come dire che un c’era da mangiare, se un s’aveva da mangiare e lo portava lei…eran gente bona. Suo marito meno, la mi’ mamma andava più da lui che da lei, la si riguardava a andare a dire “ci ho i figlioli senza mangiare”. Andava da lei, lei ci portava la roba, se no un si mangiava…
V. E i quadri di Primo Conti li conosceva?
T. Li ho conosciuti dopo morto i suoi quadri, però prima un li conoscevo, mai visti… li vedevo, andavano in piazza, passavano con la macchina, la su’ moglie era secchina, andavano a far la spesa, in piazza, poi ritornavano in giù… prima morì lei e dopo lui… ma l’era un pittore bravo, prima morì la su moglie, poi dopo poco lui… sono sotterrati tutti nella villa, giù, la moglie e lui…

Codesto l’è in America!

T. Questo l’ho venduto questi giorni, per 30 euro… ad una bottega in piazza… questo è il tempo dei greci, l’ho fatto da me… Codesto l’è in America! L’ho fatto io… è una specie di questo… vede… l’è uguale, questo l’ha preso una coppia, marito e moglie, sono americani, l’hanno portato in America, per 30 euro!
T. Questa è una donna, l’ho fatta io… Più che altro, i miei quadri li ho venduti ai Fiesolani, questo ce l’ho sempre… i Fiesolani mi stimano sì, loro quando faccio la mostra, se gli garba lo comprano, si vede gli garba lo stile, gente di Fiesole, Borgunto… le genti li comprano…

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Paolo Tellini, pittore calzolaio. Una storia di vita fiesolana 
Un racconto di Paolo Tellini in dialogo con Valentina Lapiccirella Zingari, nell’ambito del progetto « Officina del racconto », 10 Ottobre 2011, Fiesole Teatro Romano
Il primo incontro con Paolo Tellini è avvenuto in una serata dell’Ottobre 2011 (progetto Officina del racconto), a Fiesole. Francesco Perna, durante una conversazione nella sua farmacia, evocando alcuni personaggi fiesolani mi aveva parlato della vena poetica e visionaria di Paolo Tellini, mostrandomi fotografie delle sue opere. La casa di Paolo Tellini è addossata al Teatro romano, e Paolo vive in una dimensione di rapporto quotidiano con le arti: lo zio scalpellino lo collega alla tradizione della pietra serena di Fiesole, il teatro romano è presenza quotidiana, le arti ispirano la sua vocazione alla pittura.

Mentre la registrazione sonora da cui è tratta la selezione di frammenti è avvenuta durante il nostro primo incontro, nel 2011, le immagini sono state riprese nella primavera del 2014 (progetto Narrando@Fiesole), in previsione dei montaggi audiovisivi. Durante questo secondo incontro Tellini ci fa visitare la casa, la cantina, la camera dove sono accatastati i suoi quadri che ci presenta uno ad uno, disponendoli dentro e fuori casa, come personaggi in processione.

Questo paesaggio narrativo vuole dare rilievo al rapporto di Paolo con la pittura, che domina gli ultimi anni della sua vita, alle tante figure di artisti che popolano il suo immaginario, ai quadri che abitano ed animano il suo quotidiano.